lunedì 2 novembre 2009

è dentro me, ma nella mente tua non c'è.

Buffo che qualcosa che singolarmente tocca, e singolarmente bagna in modo diverso, un sacco di gente, abbia un nome solo.
Riascolto - penso dopo anni - "emozioni" di Battisti, e ricordo il piumone che mi accoglieva in quel periodo del liceo in cui lo ascoltavo ogni giorno.
Già. Esistono i periodi. E le emozioni.
Puoi chiamarle così anche tu, puoi anche tu dire "emozioni"; ridicolo, non credi?
Oh si, lo diresti anche tu, se i tuoi specchi preferiti non fossero sempre così coperti di vapore.
Ma non mi importa di te ora, non mi va di pensarti, non mi va di nominarti.
Mi va di fissare queste poltrone, la tazza vuota vicino a me, il telecomando che funziona come segnalibro, e di fissarle in questo mio periodo vorticoso, ma sostanzialmente fermo.
Mi va di essere presuntuosa, mi va di crederci alla presunzione di un momento, mi va di ballare bella come la protagonista di quel bel film di settimana scorsa, mi va di muovere la testa al ritmo delle mie ballerine, mi va di non avere sonno per leggere.

giovedì 22 ottobre 2009

running da ferma

Eccomi qui.
Luce accesa, pc sulle ginocchia, guance rinfrescate da poco.
Ho rincorso ancora una volta, o forse per la prima volta, con tutta questa sfacciataggine addosso.
Mi sento come se per la prima volta avessi approfittato di qualcuno, come se in forza di qualcosa che non sono e che vorrei dimostrare di essere, avessi corso e rincorso il traguardo, insicura fino all'ultima istante di raggiungerlo.
E l'ho raggiunto. Ma è una vittoria slabbrata, come il rimmel che non se ne va dall'ombretto sulle palpebre, o l'inchiostro rosso quando sei in quarta elementare e scrivi il titolo del tema del lunedì.
Ho mentito?
No. Ma ho smentito me stessa, cosa ben più grave.
Ho richiesto, supplicato, avvinghiato, sedotto, ma non sono rimasta fedele alla mia promessa di stare con me, ferma a ricercare un equilibrio che per me, ora, significa, unica possibilità di sopravvivenza.
Ti voglio un bene immenso, e volevo solo fartelo vedere come posso, oggi che non mi sembra di conoscere altro modo se non questo, per dimostrartelo.
Forse ti ho perso, o forse tu hai perso la Laura che conoscevi.
Evito gli specchi e la musica, evito il buio stanotte.
Mi ritorna tutto in faccia come un una cascata al contrario; mi dimeno, fuggo, leggo, studio, guardo, ma... ho paura.

venerdì 3 luglio 2009

a braccia lanciate

4.43 e spero che la mia speranza di vedermi raggiunta in queste pagine, prima o poi si possa dire concretezza.
L'assurdo, il non pensabile, l'indicibile.
Crepe di sofferenza si aprono davanti ai miei occhi, e per strane coincidenze in questi giorni mi si sono avvicinate tanto basta per avvertirne l'onda d'urto roboante.
Molta strada mi allontana dall'equilibrio indispensabile per ciò che vorrò fare.
Ma, sempre più, sono convinta che il pensare alle cose, e il poter essere aiutati a dividere in due le parole che pesano, servirebbe moltissimo.
A un uomo che arriva ad uccidere un collega e che forse avrebbe potuto non farlo.
Alla sofferenza che ora lui ha lasciato dietro di sè.
A tutti quei buchi irrisolti che corrodono e fanno cedere la struttura; non c'è possibilità di scampo.
Prima o poi cede; in un modo o nell'altro, in questa o quella forma, cederà.
E allora studio anche per questo; e allora ci credo anche per questo.
Notte perfetto migliore.
Anche per te.

lunedì 22 giugno 2009

Luce dei miei occhi


Carissimo Perfetto Migliore,
violino e dita sul piano combaciano cullandosi, nel brano di Einaudi che fa da ponte al rincorrersi di mie pensieri.
"Luce dei miei occhi".
Rimbalzo a quella splendida e tenue poesia di Montale, controrimbalzo verso gli argini del mio pensarti.
Sono passati anni, crepe, chili di Attak e fiumi di lacrime. O qualche goccia salata qui e lì.
L'incalzare degli eventi che si avvicinano, e di quelli che purtroppo si sono riavvicinati, mi portano spesso a confondere il pensiero di te, dalla tua concreta lontananza.
Lontananza si, potresti fare così di secondo nome.
Vivi accennando, parli eludendo, ti allontani contento.
E in questo stato di ricerca febbrile di scampare a un appiglio che vuoi-non-vuoi-non-puoi lasci il vuoto della tua presenza, fabbricata perlopiù con i tuoi rimasugli, i tuoi dettagli, le cose che, io no, non dimentico.
Ricordo quando ti ho fatto leggere queste poche pallide righe.
Tu, maestro nell'arte del celare, mi hai detto quasi schernendomi: "Potresti dire le stesse cose, scrivendo in maniera più comprensibile".
Io che tu mi odi quando sono immediata con te.
Vortici di non-sense ai quali non posso che abbandonarmi, forte di ciò che continua.
Notte da un altro cielo.

L.

domenica 5 aprile 2009


Se mi sfiori

Ogni tanto mi accorgo
di amarti ancora
come un peccato lo nascondo
con gli sguardi di sempre
ma nell'animo cascate
di solite malinconie e deserti
segreti
con il fuoco di te.
Se mi sfiori con la luna
cado spenta verso te
le tue braccia, azzurri cieli
per volare per capire
per soffrire per dimenticare...
Se mi sfiori come il vento
resto a vivere di te
poi mi porti via per mano
dove l'acqua sa di monte
neve sciolta. ..sa di noi.
Ogni tanto ti seguo
fra le gocce sui vetri
mentre ti fai piccolo ritorni chiaro
sopra il rosso di un faro
ma ritorna la mia mente
dove l'acqua sa di fonte
dove bello nasce il giorno
con il fuoco di te...
Se mi sfiori con la luna
cado spenta verso te
le tue braccia, azzurri cieli
per volare per capire
per soffrire per dimenticare...
Se mi sfiori come il vento
resto a vivere di te
poi mi porti via per mano
dove l' acqua sa di monte
neve sciolta... sa di noi

lunedì 12 gennaio 2009


IL MATTO - Fabrizio De Andrè

Tu prova ad avere un mondo nel cuore
e non riesci ad esprimerlo con le parole,
e la luce del giorno si divide la piazza
tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa,
e neppure la notte ti lascia da solo:
gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro

E sì, anche tu andresti a cercare
le parole sicure per farti ascoltare:
per stupire mezz'ora basta un libro di storia,
io cercai di imparare la Treccani a memoria,
e dopo maiale, Majakowsky, malfatto,
continuarono gli altri fino a leggermi matto.

E senza sapere a chi dovessi la vita
in un manicomio io l'ho restituita:
qui sulla collina dormo malvolentieri
eppure c'è luce ormai nei miei pensieri,
qui nella penombra ora invento parole
ma rimpiango una luce, la luce del sole.

Le mie ossa regalano ancora alla vita:
le regalano ancora erba fiorita.
Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina
di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina;
di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia
"Una morte pietosa lo strappò alla pazzia".